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lunedì 10 maggio 2010

Il didietro del Free Software


Quando qualcuno viene a sapere che sono, ero o sarò un Programmatore e che sul mio notebook utilizzo quasi totalmente Free Software, inevitabilmente mi chiede "Non starai pensando di toccare il mio computer?" e poi "Free Software? Ma cosa ci guadagnano?"

Devo premettere che le mie azioni sono maledettamente pragmatiche, pertanto se con il pensiero riuscissi anche a formulare una risposta adeguata, all'atto pratico, le mie parole la trasformerebbero in un carosello di fuochi d'artificio evanescenti. Questo mio pragmatismo mi porta ad essere come un adolescente imberbe al quale una prostituta chiede: "Sesso libero? Ma cosa ci guadagnano?"



Ebbene, non riesco a rispondere (e magari le fisso le tette)!


Ecco (qui prevale il mio pragmatismo) mettermi i panni dell'ipotetica prostituta (qualcuno lo doveva pur fare) e girare la domanda a un esponente del Free Software: pmate - fellow della FSFE.



L'intervista al didietro*

*vi ricordo che, come didietro a un software c'è un Programmatore, didietro a un'ideale c'è qualcuno.



Scambio di saluti nel salottino di More+


D: Benvenuto pmate, preferisco non stringerti la mano perché dicono che voi del Free Software siete molto, concedimi il termine, “eccitabili”.

R: Ciao More+ e grazie dell'ospitalità.
Sarà poco convenzionale per un salottino ma, visto il titolo di questa rubrica, preferisco sedermi con con le spalle al muro.



D: Scusami se inizio a bruciapelo, ma non ho potuto non notare che il tuo alias, pmate, sia composto da mate (traduzione: compagno, amico, accoppiarsi...), è una scelta puramente casuale o, invece, segue una chiara linea del Free Software?

R: Il mio alias ha origini ben diverse... (check) mate sta per scacco matto (sono un appassionato giocatore di scacchi di infimo livello).
Nel gergo scacchistico, in verità, si usa dire solo “matto”. Insomma, mi sembrò una perfetta sintesi dei miei gusti hobbystici e della mia condizione mentale quando lo scelsi per iscrivermi a un gioco online... ;-)
Da allora non l'ho più cambiato.
Il Free Software non c'entra...
Deluso?



D: No, ci vuole molto meno per deludermi, come ad esempio con un'irregolare disposizione delle icone sul desktop.
Mmm,... la regia mi invita, con tanto di cenni sottotitolati, a leggerti la prossima domanda.
Dato che hai il vizietto di trasfigurare la tua identità in un alias, mi domandavo perché hai scelto di vestire i panni digitali di una persona semplice quando avresti potuto divulgare il tuo pensiero a una massa più attenta sul cubo di una discoteca?


R: Peggio per te che ritieni che le icone sul desktop siano utili e che la loro disposizione lo renda più o meno decente.
Le icone sul desktop sono inutili, accumulano polvere e volano via se lasci le windows finestre aperte. Non sono pratiche.
Hai una visione un po' distorta della realtà, mi sembra, o forse frequenti discoteche estive in pieno inverno e discoteche invernali a Ferragosto.
L'esibizionismo, in ogni caso, non fa per me e sul cubo non credo si stia granché comodi: non puoi stendere un'amaca, c'è un frastuono d'inferno e le luci che saettano da una parte all'altra ti proibiscono di ricompilarti un kernel in santa pace come ogni uomo in relax dovrebbe sempre aver la possibilità di fare. :-)
La massa, per me, è solo una “proprietà dei corpi materiali”.
Preferisco chiacchierare, piuttosto che gridare e dimenarmi per attirare l'attenzione.
Non c'è bisogno di fare l'AizzaPopoli, né di salire sullo sgabello dello speaker's corner.
Non c'è nessun prodotto da promuovere con le spacconate, nessun gruppo da motivare e infoiare e nessuna pista di carboni ardenti da percorrere.
Tutto quello è finzione, solo fumo negli occhi.
Se si vuole parlare di free software e di valori le cose da dire sono tante. C'è un mondo da raccontare, c'è una realtà da far conoscere.
“Libertà” è un concetto semplice, in fondo, e non possono esserci che parole semplici per invitare a ricordarsi che è un valore da non calpestare e di cui riappropriarsi, visto che ce ne si dimentica troppo spesso.
Che bisogno c'è di travestirsi da clown o gigolò?
La discoteca la cedo volentieri ad altri. Alle presentazioni altisonanti di prodotti quasi del tutto inutili, che restringono la libertà degli utenti e che, paradossalmente, fanno tendenza (chi ha detto iPad?).




D: Arriviamo al dunque, la tua risposta a questa domanda ha un valore che definirei esponenziale. Troppe persone mi investono di una responsabilità che non so assolvere: rispondere alla domanda "Ma cosa ci guadagnano?".

R: Che il software libero lo si scriva o lo si utilizzi (o tutt'e due insieme) si compie un grande esercizio di libertà.
Scrivere Free Software significa realizzare un prodotto che garantisca all'utente finale le quattro libertà fondamentali di cui parla Stallman:

  • Libertà 0: Libertà di eseguire il programma per qualsiasi scopo.
  • Libertà 1: Libertà di studiare il programma e modificarlo.
  • Libertà 2: Libertà di copiare il programma in modo da aiutare il prossimo.
  • Libertà 3: Libertà di migliorare il programma e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio.
(cit. Wikipedia)

Questo non significa affatto che il software debba essere gratuito!
I programmatori possono benissimo vendere il software che scrivono.
La chiave di tutto è l'idea rivoluzionaria della possibilità di modificare, migliorare e redistribuire “liberamente” (ovvero senza infrangere nessun copyright) un software scritto da altri.
Si sta parlando di un cambio di prospettiva.
La visione che ha regnato sovrana per anni è stata quella della “proprietà” del codice. Si sono scovati mille metodi per blindarlo, chiuderlo ed evitare che terzi se ne appropriassero e ne traessero guadagno indebitamente.
La pirateria nasce per questo.
Chi compra software proprietario è autorizzato soltanto ad utilizzarlo. Ad utilizzarlo, tra l'altro, così com'è, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Compra un vincolo.
Non può farci nient'altro che quello che la licenza d'uso prevede.
Il Free Software stravolge questa mentalità mettendo al centro di tutto l'utente. E' chi rilascia codice sottoposto a gpl (Gnu Public License) ad essere vincolato a garantire le quattro libertà.
Chi acquista può farci ciò che vuole. Tutto ad eccezione di chiudere quel codice.
Si innescano a catena dei meccanismi che conducono al miglioramento per l'utente ma anche per chi il software lo scrive.
Il coder, proprio per la natura collaborativa che la licenza gpl promuove, può beneficiare di un'infrastruttura di sviluppo potenzialmente infinita, ha la possibilità di collaborare con altri e può attingere al lavoro altrui senza preoccuparsi di infrangere alcun copyright. Inoltre può migliorare il lavoro d'altri, può vedere migliorato il proprio lavoro, può utilizzare un'infinità di strumenti di sviluppo e (cosa importantissima) può accedere ad una documentazione sterminata.
Il tutto, liberamente.
E' una spinta alla crescita professionale.
Scrivere free software è spesso un'attività “volontaria” e, soprattutto, è sempre una “palestra” di tecnica.
Le informazioni sono condivise. Viaggiano veloci. Le patch (le toppe correttive) al codice sono rilasciate quasi sempre in un batter d'ali e ci si scambiano consigli e suggerimenti costantemente.
Si è in tanti, si crede negli stessi valori, si lavora unendo le forze.
Lo si fa, soprattutto, in piena e totale libertà.
L'unico (pesante) vincolo è la licenza d'uso: la gpl è la licenza d'uso più restrittiva che si conosca. Tutto (ma proprio tutto) quello che deriva da un software rilasciato sotto di essa deve essere rilasciato a sua volta con la stessa licenza...
E' una specie di eredità che si è obbligati ad accettare e che garantisce la sopravvivenza dell'intero ecosistema. Ecco perché si parla di copyleft.
Con il software proprietario tutto questo è impossibile: la licenza d'uso non lo permette, il codice sorgente non è quasi mai rilasciato e comunque non può essere modificato e ridistribuito.
Chi sviluppa software proprietario si trova costretto a destreggiarsi in un dedalo di legalismi, di royalties da pagare, di vincoli ai quali sottostare, etc.
E' limitato nella sua creatività e quindi nel suo lavoro.



D: Spesso si parla di "Libertà dell'utente". Ma io, come utente, mi ritengo libero di usare il mio computer come fermacarte... o forse mi è sfuggito qualcosa?

R: Direi di sì: in commercio ne esistono di molto meno ingombranti e di più economici. Pensa, addirittura, il fermacarte puoi costruirtelo da solo e con qualcosa di sicuramente meno e ingombrante e polveroso di un PC...
A parte gli scherzi, direi che non ti è sfuggito proprio niente. La libertà di poter eseguire, studiare, modificare, migliorare, copiare e distribuire liberamente un software è assolutamente equivalente a quella di poter utilizzare il proprio PC come fermacarte o come sgabello termico. Solo che se ti affidi al software proprietario (estendendo il concetto, all'hardware proprietario – mai sentito parlare di Arduino, piuttosto?) tutto questo non puoi farlo. Non sei libero, sei vincolato a utilizzare un programma per come ti viene imposto e, in più, devi fidarti “a scatola chiusa”: che ne sai se esistono delle funzioni specifiche invisibili ai tuoi occhi che trasmettono informazioni a terzi o che, comunque, eseguono dei compiti da te non voluti e non richiesti?
Il software è opera dell'ingegno umano. Questo credo sia incontrovertibile. Io penso che le opere d'ingegno debbano essere accessibili a tutti. A disposizione di tutti. E se qualcuno può trarne beneficio o può ulteriormente migliorarle, tutti quanti devono poter godere di quel miglioramento.
L'ingegno non deve essere ingabbiato da vincoli e da sotterfugi.
Quello che le grosse società software hanno messo in piedi in questi anni non è altro che un vero e proprio cartello.
Il problema, a mio avviso, è che si cerca sempre di tenere la massa degli utenti all'oscuro. Una concezione di stampo medievale ma efficacissima nel mercato digitale.
Faccio solo un esempio: se la Comunità Europea non avesse imposto a Microsoft di proporre la scelta del browser da utilizzare all'atto dell'installazione del sistema operativo, gli utilizzatori finali (per lo meno la stragrande maggioranza di essi) avrebbe continuato a credere che l'unico software in grado di navigare sul web fosse Internet Explorer. Oggi, invece, grazie a quell'imposizione, la gente vede che un'alternativa esiste e la sfrutta. Sperimenta. E capisce che c'è di meglio, che c'è dell'altro. Si leggano, in proposito, le statistiche di utilizzo.
La gente deve essere messa in grado di scegliere. I monopoli, i cartelli, le lobby fanno di tutto perché questo non succeda.
Vero è che “dietro” allo sviluppo dei browser alternativi ci sono aziende che hanno tutto l'interesse a ritagliarsi fette di mercato sempre più consistenti (si pensi a Google con Chrome, Mozilla con Firefox, ecc.) ma è anche vero che la concorrenza porta benefici al consumatore finale: in un sistema in cui esiste il dominio incontrastato di un solo prodotto è molto difficile che questo prodotto migliori. L'unica cosa alla quale si pensa è il mantenimento dello “status quo”.
Si economizza la qualità.
In un sistema in cui la concorrenza esiste, invece, la qualità (forzatamente) deve salire.
L'utilizzatore finale, qualsiasi sia la sua scelta, si ritroverà fra le mani un prodotto migliore.
In questo caso il concetto di “libertà” (di scelta) si coniuga alla perfezione con quello di “giustizia” (garantire la libera concorrenza) e con le leggi di mercato.




D: Sfatiamo qualche mito: è vero che se qualcuno si dimentica di scrivere GNU davanti a Linux, lo riempi di flame intercalati di M$ vs nerd junk e gli assegni il “bacio della morte” chiamandolo pubblicamente Troll?

No, non è vero. Preferisco piuttosto invitarlo subdolamente in spiaggia ad Agosto: come sai i Troll si tramutano in pietra quando vengono colpiti dai raggi solari..
Ciò che hai descritto può venire utile solo in caso di giornata piovosa...
Da come hai posto la domanda presumo tu conosca già (e sia evidentemente d'accordo) quello che sostiene certa parte del mondo (pseudo)intellettuale:
la gente che popola il movimento del Free Software costituisce una “minoranza illuminata autoreferenziale” (Wu Ming). Viviamo in un ghetto dal quale (per spocchia o per presunzione) non vogliamo uscire, insomma.
Siamo autoreferenziali e imploderemo.
Beh, è un punto di vista davvero originale direi, peccato che, come mi sono ritrovato a dire in tante altre occasioni, sia un'enorme idiozia dettata da becera ignoranza.
Fare battutine è facile, fare prosopopea lo è ancora di più: basta solo raccogliere non più di due luoghi comuni, shakerarli per benino e servirli alla platea.
Chi crede nel Free Software crede fortemente nel potere della condivisione del sapere. Crede nella diffusione libera della parola. Odia (termine non scelto a caso) tutto quello che concerne la restrizione dei diritti.
La triste realtà, invece, è che la gente del Free Software dal ghetto non la si vuole fare uscire. Forse perché scomoda.
Gli pseudo-intellettuali di cui sopra, farebbero meglio a scendere “in bottega”, dove ci si spacca la schiena per contribuire e per diffondere. Si accorgerebbero subito di quanta gente c'è che traduce documentazione, che scrive codice, che parla nelle scuole o nelle università, che organizza eventi e tutto soltanto in nome della libertà.
Il semplice rilasciare le proprie opere sotto licenza Creative Commons, non mette al riparo dall'imbecillità.



D: E' vero che voi del Free Software, usate interfacce disegnate con pile di caratteri ASCII e lanciate i comandi arrotolati in palline di carta masticata con la cerbottana direttamente dentro la porta USB del computer?

R: Cerbottana e porte usb sono strumenti troppo evoluti... al massimo usiamo la fionda per centrare la porta seriale...
Altro luogo comune: conosco tantissima gente che utilizza Free Software che ama pulsanti fosforescenti, finestre infiammate, cubi rotanti e trasparenze mozzafiato, cosa credi?
Se dall'altra parte del fiume c'è Aero, qui c'è Compiz [ndr: uno tra i mille mila software per mirabolanti e stucchevoli effetti grafici].
Trovo comico il perenne tentativo di stereotipare una certa categoria di persone dietro l'immagine di nerd occhialuto e brufoloso il cui unico amico sia un terminale nero a caratteri verdi, unicamente perché sono persone che amano sperimentare, conoscere, plasmare e scavare.
Credo sia sintomo di insicurezza profonda, di timore dell'ignoto, di paura di non essere all'altezza.
Ma di cosa poi?
Ghettizzate gente, ghettizzate... e andate pure dietro alle sirene...
Ma siete sicuri di sapere dove state andando? E in compagnia di chi, poi?
Non voglio fare il teorico cospirazionista e disegnare tetri scenari di vessazioni e logge massoniche che mirano al controllo del mondo per mezzo del dominio del software, ma... il dubbio credo sia legittimo: perché, allora, tutto questo?
Il bombardamento mediatico di cui oggi si è bersagli ha fatto nascere tanti falsi miti. Uno dei più pericolosi e subdoli è “la comunicazione”.
Forse è questa la chiave di tutto: far credere nell'equazione “bella presentazione = ottimo prodotto”.
Il fighetto che sfiora un lid con su stampigliata una mela morsicata è un'immagine che affascina parecchio. Magari ti serve molto meno di un 386 [ndr: processore di un vetusto computer] per mandare un'email, ma finisci sempre per comprare la mela morsicata [ndr: Apple].
Ti illudono che meriti il meglio ma ti nascondono che il meglio che ti propongono devi accettarlo alle loro condizioni e quando te ne accorgi... è troppo tardi... e, alla fine di tutto, non è neanche il meglio...




D: In questo mio blog ho volutamente scelto di essere minimalista, ma sai che il tuo ha un aspetto schifosamente oltre il minimo? Non è che, sotto sotto, tu sei un Programmatore con velleità grafiche represse e ti consoli con i pochi microsecondi di download (ti interessa un'immagine animata per l'attesa?) della tua home page?

R: Onestamente tutto mi sembrava questo tuo spazio fuorché minimalista... basta la barra superiore e il banner che hai creato per non essere accettato nel club dei nude-look...
Quello che tu chiami blog (parlo del mio spazio) è solo un pezzo di muro dove ho cominciato ad appiccicare note che chiunque ha la possibilità di leggere ma anche di ignorare allegramente.
Il muro, per antonomasia, è bianco...
I pilastri che lo reggono, invece, sono per me un laboratorio di sperimentazioni continue.
Quelle che vedi sono classiche pagine html create da “semplici” script in Perl  e gestite da un sistema di versioning (sei uno sviluppatore, non puoi non sapere di cosa sto parlando...).
E' estremamente affascinante poter scrivere un post, pubblicarlo, revisionarlo facendo tutto da dentro una finestra di terminale.
Ha un sapore antico ed è comodissimo.
Molto più pratico, scommetto, di questo "accrocchietto" che hai tirato su... :-)
Ma soprattutto è software libero, si chiama ikiwiki.








Grazie pmate per la tua intelligenza, gentilezza, arguzia e tante altre belle parole che dovrei dirti.
Spero che da oggi più nessuno mi chieda: "Free Software? Ma cosa ci guadagnano?"

Grazie a te, More+, per avermi invitato.
Sei stato un eccellente anfitrione. Il tuo salottino (nonostante barra e banner) è molto accogliente e la chiacchierata è stata davvero piacevole.
Una sola stonatura: il palazzo.
Sapevi che è stato costruito a seguito di di speculazioni? A spese della privacy degli utenti?
Sai chi è il costruttore e proprietario di questo palazzo? Google.
Hai notato cosa raffigura il logo di Blogspot (nonché tua attuale favicon)?
Mi sembra si tratti di un lucchetto...

Happy freedom!





Per Maggiori informazioni

Il sito ufficiale di FSFE: http://www.fsfe.org/
Il “muro” di pmate: http://pmate.nfshost.com/blog/


Note:
Nella foto in apertura io sono quello basso e pmate è quello cornuto

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